• La Commissione Europea (CE), la rete delle Agenzie del farmaco degli stati membri (HMA) e l’Agenzia europea del Farmaco (EMA) hanno pubblicato il piano strategico pluriennale 2022 - 2026 per la trasformazione delle sperimentazioni cliniche in Europa.

    L’iniziativa ACT EU (Accelerating Clinical Trials in EUrope) è stata lanciata lo scorso gennaio 2022 e vuole contribuire allo sviluppo della ricerca clinica in ambito europeo, con una serie di iniziative mirate a favorire lo sviluppo, il disegno e la conduzione degli studi clinici.

    L’obiettivo principale è quello di valorizzare il ruolo dell’Europa nel contesto della sperimentazione clinica, rafforzando l’intero ecosistema della ricerca, anche integrandola ai sistemi sanitari nazionali, senza mai trascurare né la sicurezza dei partecipanti né i principi di trasparenza.

    La serie di iniziative previste dal programma strategico si innesta sulla base del nuovo regolamento EU della ricerca clinica che è entrato in vigore nel gennaio 2022 ma che da noi attualmente non è ancora pienamente applicato per la mancanza di numerosi decreti attuativi (ne abbiamo anche parlato quiqui e qui).

    La programmazione dell’iniziativa ACT EU si struttura su dieci azioni prioritarie:

    1. Mappatura delle iniziative esistenti per una razionalizzazione della normativa.

    2. Promozione di grandi sperimentazioni cliniche internazionali da sviluppare in contesto accademico.

    3. Creazione di una piattaforma che favorisca il confronto e la discussione tra tutte le parti interessate, pazienti compresi, per incrementare lo sviluppo delle ricerche cliniche anche dal punto di vista metodologico.

    4. Modernizzazione delle linee guida di Buona Pratica Clinica (GCP) per favorire l’utilizzo delle più avanzate innovazioni tecnologiche disponibili.

    5. Sviluppo di una piattaforma pubblicamente accessibile per l’analisi dei dati delle sperimentazioni cliniche condotte in Europa.

    6. Campagne di comunicazioni mirate verso tutti i promotori e figure interessate al mondo della ricerca clinica.

    7. Coordinamento della consulenza scientifica sulla progettazione degli studi clinici.

    8. Confronto tra gli interesssati, azioni e linee guida sull’utilizzo delle nuove possibilità metodologiche e tecnologiche disponibili.

    9. Cooperazione coordinata con EU4Health e SAFE CT per il miglioramento e armonizzazione del monitoraggio della sicurezza dei farmaci in pre- e post-marketing.

    10. Programma di qualificata formazione accademica sugli studi clinici.

    Come possibile vedere nel documento programmatico, ACT EU prevede scadenze già calendarizzate per le attività di ogni azione prioritaria. 

    Nel breve periodo, ultimi mesi del 2022 e il 2023, sono quindi previste le seguenti azioni:

    • Supporto specificamente rivolto agli sponsor accademici per l’avvio di sperimentazioni cliniche multinazionali di grandi dimensioni al fine di rendere l'EU più attraente per la conduzione di ricerche cliniche.
    • Attuazione del CTR (regolamento europeo), con particolare attenzione alle attività di formazione sul Clinical Trial Information System (CTIS), sul CTR e risoluzione di eventuali problemi incontrati dagli sponsor di sperimentazioni cliniche.
    • Creazione di una piattaforma multi-stakeholder per facilitare l'evoluzione del mondo delle sperimentazioni cliniche attraverso un dialogo regolare tra tutte le parti interessate, compresi i pazienti, gli operatori sanitari e il mondo accademico. 
    • Modernizzazione delle linee guida di buona pratica clinica con particolare attenzione all’utilizzo delle nuove tecnologie.
    • Facilitazioni per l’utilizzo di metodi innovativi di sperimentazione clinica.

    Prevista inoltre, entro la fine del 2022, la pubblicazione di una guida dedicata alle sperimentazioni cliniche decentralizzate, una delle frontiere più attese nel mondo della ricerca.

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  • Agostino Migone De Amicis (Humanitas): “Il regolamento dei trial prevede il passaggio dal vecchio al nuovo sistema il 31 gennaio 2023. È una data troppo vicina”

    I Comitati Etici sono organismi indipendenti: la loro principale funzione è valutare gli aspetti etici e scientifici delle sperimentazioni cliniche al fine di tutelare i diritti, la sicurezza e il benessere delle persone coinvolte. Le loro caratteristiche, ad oggi, sono però poco definite, visto che il decreto di riordino è ancora in una fase di gestazione. Di certo c’è che uno dei focus fondamentali dei Comitati è tutelare la posizione del paziente: ecco perché, su quindici membri, è previsto che tre siano espressione delle associazioni di pazienti.

    Di questi temi ha parlato Agostino Migone De Amicis, presidente del Comitato Etico di Humanitas, componente del Centro Nazionale di Coordinamento dei Comitati Etici e coordinatore del Gruppo di Lavoro Sperimentazione Clinica di Assolombarda, nel corso dell'incontro informativo “Sperimentazione clinica, cosa cambia per i dispositivi medici, organizzato da Osservatorio Trial l'11 luglio scorso. L’evento digital ha avuto il patrocinio di Confindustria Dispositivi Medici, AICRO – Associazione Italiana Contract Research Organization e S.I.Me.F. – Società Italiana di Medicina Farmaceutica.

    “La situazione attuale dei comitati etici, che si basa sulla legge Lorenzin (3/2018), è molto differenziata perché, seppur debbano essere indipendenti, sono legati fisicamente a dei centri di sperimentazione e c’è da questo punto di vista una grande distanza fra chi ha un’organizzazione capillare e un elevato numero di studi e altri con dimensioni, territorio e numero di studi molto inferiori”, sottolinea Migone De Amicis.

    “Il decreto di riordino dovrà indicare quali saranno i quaranta comitati etici destinati a soddisfare le esigenze territoriali del Paese, di cui venti corrispondenti alle Regioni e gli altri scelti secondo un principio 'meritocratico'. Ma in questo momento non si sa neppure chi siano e dove si trovino”, prosegue Migone De Amicis. “Il problema principale, per diversi aspetti tra cui la sperimentazione clinica, è dato dal tempo che scorre, perché il regolamento dei trial prevede il passaggio dal vecchio al nuovo sistema il 31 gennaio 2023. È una data molto vicina e per individuare, nominare, far insediare e funzionare quaranta comitati etici il tempo è davvero troppo poco”.

    Guarda il video:

  • “Nell’ambito della ricerca clinica è sempre più forte l’esigenza di modelli di conduzione degli studi che abbinino alla qualità una maggiore flessibilità procedurale, più prossimità ai pazienti e possibilmente minori costi”

    dichiara Gualberto Gussoni, direttore del Centro Studi FADOI, durante il suo intervento al webinar Digital Medicine per i farmacisti Ospedalieri “per questo, si parla sempre più spesso di studi decentralizzati che utilizzano ampiamente il digitale e che si rendono anche più adatti allo sviluppo delle nuove terapie digitali”.

    Gli studi clinici decentralizzati (DCT — Decentralized Clinical Trials) sfruttano l’innovazione digitale per spostare sempre di più le attività della ricerca clinica verso il domicilio del paziente o in strutture a esso più prossime. Il paziente, in questa tipologia di studi, può ricevere i farmaci o i dispositivi medici sperimentali direttamente a casa ed essere monitorato attraverso gli strumenti di telemedicina, diminuendo o addirittura eliminando la necessità di spostarsi verso il centro di ricerca.

    Nel 2021, la Fondazione Smith Kline e la Società Scientifica di Medicina Interna FADOI hanno promosso il progetto Decentralized Clinical Trials per l’Italia #DCTxITA per fare un’analisi sull’impiego degli studi clinici decentralizzati in Italia. Il progetto ha coinvolto 70 esperti e ha portato alla produzione dell’importante contributo editoriale Implementazione degli studi clinici decentralizzati in Italia: perché e come? pubblicato nel numero speciale 1/2022 della rivista Tendenze Nuove.

    Nel documento viene fatta una panoramica sull’inquadramento regolatorio dei DCT in Italia, sugli aspetti positivi e quelli critici e sulle esperienze pratiche dal mondo della ricerca clinica.

    Studi clinici decentralizzati e quadro normativo in Italia

    Quello che emerge è che, come spesso accade, la giurisprudenza non lavora di pari passo con l’innovazione tecnologica e, seppur in Italia sia possibile svolgere studi clinici decentralizzati, non esite un regolamento specifico. Si fa, quindi, riferimento a una combinazione di normative di più ampio respiro come il Regolamento Europeo 536/2014 sulla sperimentazione clinica dei medicinali, il Regolamento Europeo 679/2016 sul GDPR e il Regolamento Europeo 745/2017 sui dispositivi medici.

    “In questa condizione di relativa incertezza regolatoria è raccomandabile che i protocolli di studio e le istanze autorizzative per l’Autorità Competente e i Comitati Etici descrivano in maniera adeguata le caratteristiche operative dello studio per quanto riguarda le modalità applicate in maniera decentralizzata” spiega Gussoni. “Sono di fondamentale importanza soprattutto la definizione dell’interconnessione tra i vari attori degli studi decentralizzati come l’ente promotore, il centro clinico, i provider dei servizi esterni (es. trasporto) e i pazienti, e quella dei profili di responsabilità”.

    Aspetti positivi e critici

    Secondo le indagini svolte dall’Osservatorio Life Science del Politecnico di Milano su un campione di 38 aziende che hanno esperienza di studi clinici decentralizzati, i maggiori benefici riguardano la possibilità di:

    • coinvolgere tipologie più varie di pazienti e in un numero più ampio,
    • la capacità di raccogliere una più vasta quantità di dati,
    • la riduzione dei tempi di sperimentazione e l’aumento dell’aderenza dei pazienti allo studio.

    Importanti benefici che però sono controbilanciati da altrettanti aspetti critici come

    • la richiesta di competenze digitali specifiche
    • una gestione complessa degli aspetti legati alla privacy e alla sicurezza dei dati,
    • la riduzione non così cospicua dei costi di ricerca e
    • la compromissione del rapporto medico-paziente
    • la mancanza del confronto tra pazienti.

    “ll successo degli studi clinici decentralizzati dipenderà da una serie di fattori. Dovranno essere economicamente sostenibili per il paziente, il Sistema Sanitario Nazionale e le industrie coinvolte e dovranno essere normati in modo rigoroso ma non penalizzante. Inoltre, sarà importante promuovere l’alfabetizzazione digitale tra i cittadini e il personale sanitario e trovare il giusto equilibrio tra gli aspetti organizzativi e la dimensione sociale e relazionale dei pazienti” conclude Gussoni.

  • Dopo mesi di silenzio, finalmente nuovi pezzi si aggiungono al complesso puzzle che in Italia porterà all’adeguamento completo al Regolamento 536/2014.

    Il 16 gennaio la Conferenza Stato Regioni, dopo mesi di rimpallo e modifiche alle varie bozze circolate, ha approvato la versione definitiva dei decreti Riordino Comitati e Armonizzazione. Dopo la pubblicazione del decreto in gazzetta ufficiale (attesa entro fine settimana) le regioni avranno 120 giorni per costituire i 40 comitati etici territoriali, a cui spetterà il compito di valutare le richieste di parere per studi interventistici con farmaco, indagini con dispositivo medico e studi osservazionali farmacologici. Avranno, inoltre, facoltà di affidare la valutazione delle restanti tipologie di studio (es interventistici non con farmaco o dispositivo, osservazionali non farmacologici, richieste di farmaco ad uso compassionevole) ai comitati territoriali o, in alternativa, di mantenere dei comitati etici “accessori” (definiti locali).

    Tali comitati andranno ad aggiungersi a quelli nazionali, già istituiti con decreto ministeriale del primo febbraio 2022 e tutti pienamente operativi da qualche settimana.

    Comitati Etici e membri

    I due decreti in via di pubblicazione chiudono per lo meno il quadro “operativo” rispetto alle richieste del Regolamento 536/2014: ogni sperimentazione sottomessa attraverso CTIS verrà valutata da un unico comitato etico, il cui parere avrà valenza nazionale, territoriale o nazionale a seconda degli ambiti di competenza e scelto sempre in modo da garantire l’indipendenza rispetto ai centri clinici coinvolti.

    Modificati di poco, rispetto al passato, i requisiti per poter diventare componente di un comitato. Nonostante le numerose pressioni per coinvolgere delle professionalità esperte in ambito di sperimentazione clinica ma non comprese nei “paletti” del 2013 (si pensi a project manager o coordinatori di ricerca clinica con esperienza ventennale), anche il nuovo decreto resta legato a delle categorie professionali sanitarie che sicuramente non sono al passo con l’evoluzione della ricerca. 

    Tariffe e transizione

    Ufficializzata anche la firma, da parte del Ministero della Salute, di altri due decreti a lungo attesi: il decreto tariffa unica e il decreto transizione.

    Sicuramente un grosso risparmio per i promotori aziendali, che si liberano dal vincolo di pagare fee multipli ad AIFA e a molteplici comitati etici; la tariffa da versare sarà unica, a coprire le valutazioni di AIFA comitato etico e laddove applicabile l'Istituto Superiore di Sanità (ISS) e calcolata con una variabilità dipendente da tipologia di richiesta (primo parere o emendamento), tipologia di studio e numero di centri coinvolti (cut-off 15 centri). Previsti anche un fee per la valutazione  egli Annual Safety reports e  una maggiorazione laddove l’Italia venga scelta come stato membro relatore.

    Resta da sciogliere il nodo sostenibilità dei neonati comitati etici, visto che l’introito economico rispetto al passato sarà certamente minore e stante il gettone di presenza pari a 300 euro/seduta, previsto dallo stesso decreto, per ciascun componente dei comitati. Senza contare la sostenibilità di eventuali comitati locali, che esprimeranno valutazioni prevalentemente in ambito no profit, quindi senza fee di valutazione.

    Puzzle completo? Non ancora.

    Restiamo sicuramente ancora in attesa delle linee guida AIFA sugli studi osservazionali, la cui pubblicazione era prevista per inizio aprile 2022. Si spera inoltre che prima o poi qualcuno prenda in carico la gestione (anche e soprattutto regolatoria) della ricerca osservazionale non su farmaco, che ad oggi continua ad essere terra di nessuna e rischia pertanto di non poter beneficiare delle stesse facilitazioni (prima tra tutte il parere unico a livello nazionale) garantite agli osservazionali farmacologici. Meritevole di chiarimenti ufficiali anche la questione studi retrospettivi, di fatto esclusi dalla possibilità di parere unico nazionale (anche se farmacologici) e soprattutto ancora ad oggi ostaggio di una normativa nazionale sulla privacy che non fa bene alla ricerca, oltre a non essere in linea con i dettami del GDPR.

    Annunciati e mai pubblicati, inoltre, i requisiti dei centri sperimentali che avrebbero dovuto vedere la luce a fine giugno 2022. Ad oggi di fatto resta ancora vigente un decreto del 1998, eccezion fatta per gli studi di fase I, regolamentati da una determina AIFA meritevole ormai di revisione ed aggiornamento.

    E ancora due questioni, di importanza strategica per rilanciare la ricerca in Italia, completamente dimenticate nonostante fossero previste dalla legge 3/2018.

    La revisione dei programmi formativi universitari, per iniziare. Ad oggi nessuna delle facoltà scientifiche sanitarie prevede dei corsi specifici in ambito di ricerca clinica e non esistono classi di concorso per ottenere una abilitazione scientifica nazionale in tale contesto. Eppure secondo la legge il MIUR avrebbe dovuto provvedere in tal senso.

    E da ultimo, non certo per importanza, la questione stabilizzazione delle infrastrutture della ricerca. Figure professionali “nuove” (che operano almeno da 25 anni), imposte tanto da una determina AIFA (quella sugli studi di Fase I) quanto da una legge (la 3/2018) ma che ad oggi continuano, immeritatamente e in maniera preoccupante, ad essere completamente ignorate durante le contrattazioni della sanità, che pur sono andate avanti per garantire delle migliorie (si spera) ad un Sistema Sanitario Nazionale sempre più in ginocchio.

    Sono passati quasi 9 anni da quando il “nuovo” Regolamento Europeo è entrato in vigore e ancora fatichiamo a vedere la fine di una storia che avevamo correttamente iniziato a scrivere a gennaio del 2018.

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