• Oligonucleotidi antisenso (ASO) ma anche terapia genica e altre molecole attualmente in fase di studio, alcune delle quali per somministrazione orale. Ne parla la dott.ssa Caterina Mariotti (Milano).

  • Negli Stati Uniti è in corso uno studio clinico di Fase I/II che, se la sicurezza e la tollerabilità del prodotto saranno confermate, nel giro di alcuni anni potrebbe tradursi in una risposta concreta alla malattia.

  • Avviata a Roma la sperimentazione clinica multicentrica, in doppio cieco e controllata con il placebo per valutare sicurezza ed efficacia della terapia genica PF-06939926.

  • Dalla modulazione dei percorsi metabolici nei quali è coinvolta la fratassina, alla terapia genica per incrementarne la sintesi: le tante opzioni allo studio

    Rispetto ad altre patologie, quelle che interessano il sistema nervoso spesso hanno una genesi difficile da spiegare. Per alcune di esse mancano opportuni modelli di studio mentre i meccanismi patologici di altre vengono illustrati con delle ipotesi: è il caso dell’atassia di Friedreich, un disturbo del movimento a trasmissione autosomica recessiva dovuto alla mancanza della proteina fratassina. I ricercatori stiano ancora cercando di comprendere dettagliatamente la funzione della fratassina, si sa con certezza che rientra nel gruppo delle proteine mitocondriali ed è implicata nell’omeostasi del ferro. Per tentare di lenire i sintomi della malattia si è quindi cercato di migliorare la funzionalità mitocondriale. Ma quali sono le altre opzioni di ricerca in atto?

    MIN-102 - LERIGLITAZONE

    Il sito della Friedreichs Ataxia Research Alliance (FARA) ha pubblicato un grafico con lo stadio di avanzamento di tutte le terapie sperimentali e una di queste si basa sul ruolo dei recettori attivati da proliferatori perossisomiali (PPAr), particolari molecole i cui ligandi sono associati a varie funzioni, fra cui il catabolismo degli acidi grassi. 

    Secondo quanto riportato su FARA, il PPAr-gamma è un fattore trascrizionale con un ruolo determinante nella funzionalità e nella biogenesi dei mitocondri, oltre che nell’accumulo di acidi grassi, nel metabolismo energetico e nella risposta antiossidante. La biotech spagnola Minoryx Therapeutics ha molto investito su questo versante di ricerca.

    Pertanto, lo studio clinico FRAMES di Fase II è stato sviluppato allo scopo di testare l’efficacia e la sicurezza del Leriglitazone (MIN-102) un’agonista orale di PPAr-gamma la cui efficacia era stata stabilita sull’adrenoleucodistrofia legata all’X (ALD-X) i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine. Negli studi in vitro è stato possibile osservare una riduzione del processo infiammatorio a danno dei nervi con miglioramento della funzione mitocondriale. Tali risultati si sono confermati anche negli studi in vivo con miglioramento dei sintomi motori negli esemplari di topo affetti da ALD-X.

    Su questa base gli scienziati hanno esteso l’utilizzo del Leriglitazone all’atassia di Friedreich con uno studio di Fase II. Una recente pubblicazione sulla rivista Neurobiology of Disease dimostra che il Leriglitazone aumenta i livelli di fratassina, proteggendo i neuroni dal processo degenerativo e migliorando la funzionalità mitocondriale. 

    Entusiasta del risultato Minoryx Therapeutics sta, dunque, lavorando alla progettazione di un trial clinico di Fase III.

    DIMETIL FUMARATO

    Da una ricerca apparsa sulla rivista Human Molecular Genetics è, invece, stato sottolineato il ruolo del dimetil-fumarato nell’aumentare la funzionalità dei mitocondri e l’espressione genica mitocondriale della fratassina in un modello murino di atassia di Friedreich. Il dimetil-fumarato è un farmaco già approvato per il trattamento della sclerosi multipla e potrebbe svolgere un importante ruolo agendo sull’attivazione del fattore di trascrizione nucleare eritroide-2 (Nrf2) che, come si è già visto (LINK ARTICOLO 1) protegge la cellula dallo stress ossidativo.

    CTI-1601

    Dal momento che l’atassia di Friedreich è dovuta alla perdita di funzione del gene per la fratassina, e quindi alla carenza dell’omonima proteina, si cercano i modi per aumentarne la concentrazione nei mitocondri. Uno di questi consiste nel ricorrere al cosiddetto transattivatore trascrizionale TAT, scoperto nel virus dell’HIV, e in grado di trasportare le proteine all’interno delle membrane cellulari. Attualmente risulta in corso (negli Stati Uniti) uno studio di Fase I che valuti la sicurezza e la tollerabilità di un tale sistema per aumentare la concentrazione di fratassina all’interno dei mitocondri.

    ETRAVIRINA

    Perché mai un farmaco usato per il trattamento dell’HIV è considerato un potenziale trattamento dell’atassia di Friedreich? Secondo i dati di uno studio italiano da poco pubblicato sulle pagine della rivista Movement Disorders https://movementdisorders.onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1002/mds.27604 l’etravirina, un inibitore della trascrittasi inversa dell’HIV-1, è in grado di aumentare i livelli di fratassina nelle cellule ottenute dalla pelle (fibroblasti) e dal sangue (linfoblasti) di alcuni pazienti.

    FAEST1 è uno studio clinico di Fase II, non controllato con placebo, che punta a verificare la capacità dell’etravirina di aumentare in modo indiretto la funzione neuromuscolare”, osserva il dott. Andrea Martinuzzi, neurologo e responsabile del Servizio di Neuroriabilitazione presso lIRCCS Eugenio Medea di Conegliano (TV).

    “Abbiamo arruolato circa 30 pazienti, di età compresa tra 10 e 40 anni, affetti da atassia di Friedreich di diverso grado a cui sono stati somministrati in modo randomizzato due dosaggi, da 200 e 400 mg, di etravirina, della quale è nota la capacità di aumentare la traduzione dell’RNA messaggero della fratassina” 

    Obiettivo primario dello studio è quello di verificare l’aumento della capacità aerobia misurata con metabolometro (consumo di O2 sotto sforzo incrementale). “Attualmente, tutti i pazienti previsti sono stati inseriti nello studio che si concluderà entro gennaio del prossimo anno”, aggiunge Martinuzzi. “Solo a quel punto sarà possibile raccogliere i dati di efficacia e capire se questa molecola meriti o meno ulteriori e più strutturati percorsi di valutazione”. Per ora i dati disponibili sono riferiti alla tollerabilità che sembra molto buona sia sotto il profilo clinico che ematochimico. 

    FAEST1 è una sperimentazione sostenuta da un gruppo di Associazioni italiane e straniere. 

    RESVERATROLO

     

    Tra gli studi imperniati su molecole dalle proprietà antiossidanti c’è quello dedicato al Resveratrolo, un composto naturalmente presente nella buccia dei chicchi d’uva che serve alle piante per difendersi dall’attacco dei patogeni. Uno studio clinico di Fase II, in corso in Australia, sta valutando l’efficacia e la sicurezza di questa sostanza in pazienti con atassia di Friedreich.

    DT-216 GeneTAC e OLIGONUCLEOTIDI

    Ulteriore sistema per incrementare la produzione di fratassina è quello proposto da Design Therapeutics che ha testato in uno studio clinico di Fase I l’azione della molecola sperimentale DT-216, progettata per prendere di mira le mutazioni che provocano l’espansione della tripletta GAA, tipica di questa malattia. Si tratta di uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo per valutare la sicurezza, la tollerabilità, la farmacocinetica e i livelli di fratassina ottenuti con la somministrazione per via endovenosa di dosi crescenti di DT-216 in pazienti adulti affetti dalla patologia. 

    Il principio richiama quello degli oligonucleotidi antisenso (ASO), una categoria di farmaci già impiegata con successo per il trattamento di patologie come l’Atrofia Muscolare Spinale (SMA), attualmente in fase di valutazione anche per l’atassia di Friedreich.

     

    TERAPIA GENICA

    Non si può concludere la pagina delle ricerche in corso contro questa forma di atassia recessiva senza citare la terapia genica, grazie alla quale è possibile fornire allorganismo una copia corretta del gene difettoso. Nel caso dell’atassia di Friedreich la terapia genica in fase di valutazione è quella proposta da Lexeo Therapeutics, con uno studio clinico mirato al miglioramento della cardiomiopatia di Fase I/IIin avvio negli Stati Uniti su 10 pazienti.

    “Il panorama delle proposte di ricerca per una terapia contro l’atassia di Friedreich appare molto variegato”

    conclude la dott.ssa Caterina Mariotti dellUnità di Genetica Medica e Neurogenetica presso la Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano. “Sono allo studio diversi  tipi di molecole per aumentare i livelli di fratassinaDiversi farmaci sono arrivati alla sperimentazione sui pazienti molto rapidamente in quanto già testati in altre patologie. Di essi erano già noti dati relativi al dosaggio, tollerabilità e sicurezza. Altri, invece, sono ancora in fase di studio preclinico e non sono ancora entrati nel percorso della sperimentazione sull’uomo. Si stanno provando varie soluzioni, con razionale diverso, e speriamo che presto si possa contare su strategie terapeutiche efficaci da proporre ai malati”. 

  • Sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine (NEJM) i risultati preliminari di uno studio clinico di fase III che valuta l’efficacia e la sicurezza di valoctocogene voxaparvovec, una terapia genica sviluppata dalla casa farmaceutica Biomarin Pharmaceutical per l’emofilia A grave. Secondo le conclusioni tratte nell’articolo Valoctocogene Roxaparvovec Gene Therapy for Hemophilia A questa terapia aumenta la produzione endogena del fattore VIII della coagulazione e riduce significativamente i sanguinamenti spontanei.

    L’emofilia A è una patologia genetica causata dalla mancata o ridotta produzione del fattore VIII della coagulazione, dovuta alla mutazione di un gene localizzato sul cromosoma X. La carenza di questo fattore determina una diminuita o assente capacità di coagulazione del sangue che si manifesta con sanguinamenti spontanei, talvolta dolorosi, soprattutto al livello delle articolazioni e dei muscoli. L’emofilia viene considerata grave quando la produzione del fattore VIII è inferiore all’1% rispetto a quella degli individui sani.

    La malattia viene generalmente trattata con infusioni intravenose profilattiche di fattore VIII che sopperiscono alla sua mancata produzione interna. Le infusioni vengono effettuate due o tre volte alla settimana e non sempre sono efficaci a ridurre il sanguinamento. Per questi due motivi i pazienti con emofilia A grave possono subire un peggioramento della qualità della vita da non sottovalutare.

    L’obiettivo della ricerca farmaceutica è quindi quello di produrre una terapia in grado di ridurre i sanguinamenti spontanei con il minor numero di somministrazioni possibili.

    Nello studio di fase III Single-Arm Study To Evaluate The Efficacy and Safety of Valoctocogene Roxaparvovec in Hemophilia A Patientscon codice identificativo NCT03370913, i ricercatori indagano l’efficacia di valoctocogene roxaparvovec nel ridurre i sanguinamenti nei pazienti con emofilia A grave.

    Valoctocogene roxaparvovec è una terapia genica sperimentale che prevede una singola somministrazione. È volta a modificare il DNA del paziente emofilico con l’introduzione, tramite vettore adenovirale, del gene sano per il fattore VIII al posto di quello mutato, allo scopo di eliminare la causa della malattia alla base.

    Disegno e obiettivi dello studio

    La sperimentazione clinica vede il coinvolgimento di 124 pazienti maschi, maggiorenni, con una diagnosi di emofilia A grave. Sono stati reclutati in 48 centri clinici nel mondo, tra i quali uno italiano: il Centro Emofilia e Trombosi Angelo Bianchi Bonomi della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.

    Tutti i partecipanti hanno ricevuto la singola somministrazione di valoctocogene roxaparvovec e attualmente sono in fase di follow-up.

    Valoctogene roxaparvovec è già stato valutato con successo nei precedenti studi clinicidi fase I e II. Nella fase III l’obiettivo primario è quello di studiare la quantità di fattore VIII prodotto dai pazienti dopo un anno dalla somministrazione della terapia.

    Altri obiettivi prevedono la valutazione, sempre a un anno, della necessità di infusioni profilattiche di fattore VIII e il numero dei sanguinamenti. Inoltre, nei prossimi anni verranno tenuti sotto controllo gli eventuali effetti avversi di lungo termine.

    Risultati

    I ricercatori riportano nell'articolo che ad un anno dalla somministrazione di valoctocogene roxaparvovec il 90% dei pazienti ha ottenuto una riduzione dei sanguinamenti e l’88% un aumento della produzione endogena del fattore VIII con una conseguente minore necessità di iniezioni profilattiche. In questo periodo tutti i pazienti hanno avuto almeno una reazione avversa, tra le quali mal di testa (38%), nausea (37%) e aumento dei livelli di aspartato aminotrasferasi (35%). 22 pazienti su 134 hanno avuto reazioni gravi.

    Questi risultati preliminari sono promettenti ma lo studio clinico è tuttora in corso. La sperimentazione clinica, iniziata a dicembre 2017, dovrebbe concludersi entro il novembre 2024. Al momento è stato già raggiunto il numero di pazienti previsto e non se ne accettano ulteriori. Nel frattempio, sulla base di questi incoraggianti risultati, l'azienda ha presentato una domanda di autorizzazione all'immissione in commenrcio che sarà valutata dall'EMA (Agenzia Europea del Farmaco). 

  • terapia genica per la cistinosi

    Cercare di ripristinare una cistinosina funzionante: questo l’obiettivo del gruppo di ricerca guidato da Stéphanie Cherqui alla University of California

    Iniziato nell’estate del 2019, il trial clinico “Stem Cell Gene Therapy for Cystinosis” ha l’obiettivo di valutare un approccio di terapia genica per il trattamento della cistinosi, rara malattia genetica causata da mutazioni nel gene CTNS. Questo gene produce una proteina – chiamata cistinosina – che si trova nella membrana dei lisosomi e serve per il trasporto della molecola cistina: se il DNA è mutato, la proteina è difettosa e ciò si traduce in un accumulo di cistina nelle cellule, con conseguente danno ai tessuti e, nei casi più gravi, insufficienza multiorgano. Una terapia genica in grado di correggere l’errore alla base della patologia potrebbe essere una soluzione vincente.

    Grazie all’introduzione della cisteamina come trattamento per questa malattia metabolica ereditaria, le vite dei pazienti sono cambiate e la qualità (e la durata) della vita migliorata. Resta però evidente la mancanza di una terapia in grado di correggere il difetto genetico, di fermare il naturale decorso della malattia, di eliminare la necessità della somministrazione di una terapia per tutta la vita e di offrire prospettive di vita ancora migliori. Proprio per questo motivo, partendo da modelli cellulari e murini, su cui sono stati fatti tutti gli studi preclinici, è ora in corso un trial clinico su CTNS-RD-04, una terapia genica sperimentale che dovrebbe fornire all’organismo dei pazienti una popolazione di cellule staminali ematopoietiche in cui il gene è stato corretto in modo da produrre la proteina funzionale.

    Lo studio clinico è di Fase I/IIe serve a valutare sicurezza ed efficacia della somministrazione della terapia genica in 6 pazienti adulti e adolescenti con un’età superiore ai 14 anni e diagnosi di cistinosi. Le cellule staminali ematopoietiche del paziente vengono prelevate e modificate in laboratorio per esprimere la forma corretta del gene CTNS: se tutto procedesse come ideato nella progettazione dello studio, queste cellule dovrebbero andare nel midollo osseo, dove si divideranno e differenzieranno dando origine a una popolazione cellulare senza il difetto correlato alla malattia metabolica.

    Per approfondire l’argomento, leggi gli articoli su Osservatorio Terapia Avanzate e Osservatorio Malattie Rare.

  • Due studi clinici in corso su terapie geniche per la sindrome di Rett

    In uno dei trial sono già state incluse le prime pazienti e nel corso dei prossimi mesi saranno disponibili i risultati preliminari

    REVEAL è il nome dello studio clinico di Fase I/II promosso da Taysha Gene Therapies e destinato alle pazienti affette da Sindrome di Rett, una rara malattia del sistema nervoso centrale che causa pesanti deficit nello sviluppo cognitivo. E non è il solo trial attivo per le pazienti con questa patologia dal momento che anche l’azienda di biotecnologie Neurogene è scesa in campo, sostenendo la realizzazione di un secondo studio. La particolarità di entrambi i trial è il contenuto: si tratta di due distinte terapie geniche che nel futuro potrebbero cambiare il paradigma terapeutico della malattia, ad oggi ancora priva di una soluzione specifica ed efficace. 

    Andiamo con ordine. Lo studio di Fase I/II REVEAL è incentrato su TSHA-102, una terapia genica sperimentale, messa a punto dalla biotech Taysha Gene Therapies per le donne a partire dai 18 anni affette da sindrome di Rett. Lo scopo dello studio - la cui durata prevista è di circa 63 mesi - è valutare la sicurezza, la tollerabilità e l’efficacia preliminare di due differenti dosi della terapia (di cui abbiamo parlato in un articolo pubblicato su Osservatorio Terapie Avanzate).

    Saranno incluse 12 donne con diagnosi di sindrome di Rett confermata da un’analisi genetica riportante mutazioni a carico del gene MECP2 e che non siano affette da disordini del neurosviluppo di origine diversa da quella legata alle alterazioni di MECP2. Inoltre, le partecipanti non dovranno aver avuto crisi epilettiche nei tre mesi precedenti l’arruolamento e non devono avere controindicazioni alla somministrazione della terapia genica TSHA-102 o all’esecuzione di una puntura lombare. Le 12 prescelte per ricevere TSHA-102 saranno suddivise in due bracci separati nei quali saranno testate le diverse dosi (una iniziale di 5x1014 e una seconda di 1x1015 genomi virali totali) del farmaco. Inoltre, esse saranno monitorate nei mesi successivi per verificare l’eventuale insorgenza di qualsiasi evento avverso legato alla terapia.

    Al momento lo studio - che si svolge in Canada - ha arruolato 2 pazienti.

    Il secondo trial clinico, sempre di Fase I/II, intende valutare il profilo di sicurezza di NGN-401, la terapia genica messa a punto da Neurogene e rivolta a giovani donne di età compresa tra 4 e 10 anni affette dalla malattia. Si tratta, dunque, di uno studio rivolto a una popolazione pediatrica, condotto in tre centri degli Stati Uniti (rispettivamente in Texas, Colorado e Massachusetts). È previsto l’arruolamento di 5 bambine con sindrome di Rett a cui sarà somministrata, tramite iniezione intra-cerebro-ventricolare, la terapia genica sperimentale. Ognuna delle candidate sarà monitorata per 5 anni al fine di valutare l’efficacia preliminare e soprattutto la sicurezza della terapia, ma rimarrà sotto osservazione per i prossimi 10 anni, a conferma di come i ricercatori si stiano dando da fare per raccogliere dati a lungo termine sulle potenziali terapie in arrivo.

     

  • Le distrofie muscolari dei cingoli rappresentano un vario insieme di malattie. Per alcune di esse sono allo studio nuove terapie geniche 

    Di distrofie muscolari dei cingoliesistono numerose forme, distinte sulla base dei geni coinvolti e sul tipo di ereditarietà - autosomico recessiva, dominante o legata al cromosoma X. Di quanto sia complesso questo insieme di patologie (accomunate da un ampio ventaglio di manifestazioni sintomatiche tra loro sovrapponibili) ha parlato il prof. Yvàn Torrente, neurologo presso la Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e Direttore della Struttura Semplice di Terapie Cellulari e Geniche del Policlinico di Milano, in un’intervista rilasciata ai microfoni di Osservatorio Malattie Rare.

    L’occasione di tale approfondimento è coincisa con la notizia dell’avvio di un trial clinico di Fase I/IIprogettato per valutare la sicurezza e la tollerabilità di una singola infusione endovenosa di ATA-200 una terapia genica sperimentale (di cui è possibile sapere di più cliccando qui) messa a punto da Atamyo Therapeutics e destinata a pazienti pediatrici affetti da LGMD2C/R5. Il trial prevede la realizzazione di due bracci, così da valutare la sicurezza e la tollerabilità di due differenti dosi di ATA-200 e un particolare non trascurabile è che essi si rivolge a individui che abbiano conservato la capacità di muoversi autonomamente.

    Il principio che ha mosso i ricercatori francesi è frutto degli insegnamenti raccolti da una serie di altri studi clinici, alcuni dei quali riguardanti altre patologie degenerative, come la SMA per la quale è già disponibile una terapia genica. Tornando il più possibile indietro, all’inizio del processo patologico aumentano le probabilità che la candidata terapia genica sortisca un effetto, pertanto per questo trial saranno arruolati 6 pazienti di età compresa tra 6 e 12 anni con diagnosi di LGMD2C/R5 confermata e ancora in grado di superare il test del cammino dei 10 metri (10MWT) in meno di 15 secondi e di alzarsi dalla posizione seduta (con o senza l’aiuto delle braccia).

    Poiché la terapia genica è composta da un vettore virale adeno-associato di tipo 8 (AAV8), nel siero dei partecipanti non dovranno esser presenti anticorpi neutralizzanti contro questo virus, pena l’esclusione dal trial. Anche problemi al comparto cardiovascolare e respiratorio costituiranno motivo di esclusione, come pure la precedente partecipazione ad altre sperimentazioni cliniche su prodotti di terapia genica.

    I partecipanti saranno distinti in due coorti d’indagine, all’interno delle quali saranno valutate le due dosi della terapia genica. Il gruppo iniziale di tre pazienti riceverà una dose potenzialmente efficace corrispondente alla dose minima efficace (MED) stabilita negli studi pre-clinici. Agli altri tre sarà somministrato un dosaggio più alto della terapia genica (che ha comunque un ampio margine di sicurezza rispetto alla più alta dose sicura stabilita in un precedente studio tossicologico). La revisione dei dati di sicurezza dopo la somministrazione sarà affidata a un Comitato di Monitoraggio (DSMB) indipendente e tutti i pazienti saranno seguiti per altri 4,5 anni dopo il completamento del periodo di valutazione. Non sono ancora stati definiti i centri clinici che aderiranno al protocollo di studio, che dovrebbe prendere il via entro l’inizio del 2024.

  • Promosso da Decibel Therapeutics è uno dei rari trial finalizzati a cercare una soluzione per la sordità neurosensoriale profonda

    Partirà a inizio dicembre in tre ospedali degli Stati Uniti (rispettivamente a Los Angeles, New York e Seattle) e della Spagna (Las Palmas, Madrid e Pamplona) e in due centri nel Regno Unito (Cambridge e Londra) un trial clinico di Fase I/II, condotto in aperto, su 22 pazienti affetti da sordità neurosensoriale profonda associata al locus DFNB9. Le sordità congenitesono un insieme di malattie che spesso non trova adeguata attenzione, col rischio che i problemi ad esse connessi non siano attentamente valutati.

    Il trial clinico CHORD prevede l’arruolamento di 22 pazienti a partire da 17 anni di età, con mutazioni nel gene OTOF, codificante per l’otoferlina, una proteina coinvolta nell’insorgenza di forme di sordità neurosensoriale profonda associata al locus DFNB9. I pazienti candidabili a rientrare in questa sperimentazione devono dunque presentare forme di sordità profonda e non aver ricevuto più di un impianto cocleare.

    Secondo il disegno di studio sono previsti due bracci distinti di valutazione: coloro che saranno arruolati nel braccio A riceveranno una singola somminsitrazione intracocleare della terapia genica mentre quelli del braccio B riceveranno la terapia genica in entrambe le orecchie.

    Lo scopo principale del trial è la valutazione del profilo di sicurezza del farmaco e la sua tollerabilità ma sarà considerata anche l’efficacia preliminare di DB-OTO (la terapia genica di cui abbiamo scritto in un articolo già pubblicato su Osservatorio Terapie Avanzate).

    Il cammino verso una terapia genica per le sordità congenite è solo all’inizio e non mancano gli ostacoli da superare ma aver portato un trattamento sperimentale nelle fasi cliniche di valutazione è un passo importante per Decibel Therapeutics, da poco rientrata sotto l’egida di Regeneron Pharmaceuticals che punta a un ruolo di primo piano nel trattamento dell’ipoacusia e dei disturbi dell’orecchio.

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