Oltre il 55% dei risultati di sperimentazioni cliniche non sono pubblicati secondo le tempistiche richieste dalla legge americana.
La ricerca clinica deve fronteggiare un rilevante problema di diffusione dei dati e delle conoscenze. Un recente articolo di approfondimento pubblicato sulla nota rivista Science ha evidenziato come la ricerca clinica presenti tuttora un serio problema legato alla pubblicazione dei risultati dopo la conclusione dello studio. L’analisi ha esaminato oltre 4700 studi clinici ed evidenziato come ancora manchino i risultati per il 55% di questi, con ritardi rispetto alla data di pubblicazione dovuta anche superiore ai 700 giorni, con gravissime conseguenze per i pazienti che attendono nuove terape.
Final rule
Già dal 2007 esiste una indicazione legale che obbliga i responsabili dello studio clinico a pubblicarne i risultati in un tempo definito. Questo obbligo, che dal punto di vista scientifico non dovrebbe essere neanche imposto per l’ovvia utilità di questa condivisione, è stato però solo marginalmente rispettato con gravi conseguenze sulla diffusione delle conoscenze. Sulla scia delle proteste di ricercatori e associazioni di pazienti, nel 2017 è stata quindi definita la “Final Rule”, entrata poi effettivamente in vigore nel Gennaio 2018, in cui si indica un termine perentorio per gli sponsor: si devono rendere pubblici i risultati dello studio clinico entro un anno dalla sua chiusura.
La Final Rule definisce in modo chiaro anche i poteri in mano a FDA (Food and Drug Administration) e NIH (National Institutes of Health). Da una parte la FDA ha la facoltà di comminare multe pari a $12000 per ogni giorno di ritardo rispetto al termine previsto per la pubblicazione, mentre NIH ha la facoltà di interrompere erogare più finanziamenti verso quelle istituzioni che risultino inadempienti. Sulla scia di queste indicazioni si è effettivamente assistito ad un consistente aumento delle pubblicazioni sulla piattaforma clinicaltrials.gov ma non tutti si sono messi in regola.
Chi pubblica e chi no?
Contrariamente al sentimento popolare, le maggiori inadempienze sono state osservate tra le strutture accademiche. Le aziende farmaceutiche infatti si sono messe ben presto in regola con gli arretrati ed oggi hanno, in genere, tassi di pubblicazione vicini al 100%. Al contrario, il vuoto informativo si nota pesantemente in molte strutture universitarie o non-profit. Nell’articolo di Science vengono poi menzionate 30 tra le maggiori istituzioni di ricerca del paese, tra cui l’Università di Harward, il Boston Children’s Hospital o il Baylor College of Medicine, che pur facendo parte delle 50 più importanti istituzioni finanziate da NIH, lo stessa struttura che richiede la pubblicazione, sono totalmente inadempienti all’obbligo. E’ evidente quindi che qualcosa non funzioni in modo corretto.
Perché pubblicare?
Il presupposto per un corretto svolgimento della ricerca scientifica sta nel fatto che i risultati siano resi pubblici. Questi infatti devono poter essere accessibili ad altri ricercatori in modo che possano essere confermati da terzi e diventare una base di partenza per ulteriori evoluzioni nel settore di ricerca.
A questo principio non si sottrae l’ambito della ricerca clinica dove la condivisione dei dati è, se si vuole, ancora più importante visto il coinvolgimento dei pazienti e le aspettative che in molti casi vengono riversate sulle nuove terapie. Ma in realtà “La pubblicazione dei risultati su clinicaltrials.gov è spesso percepita da parte degli sponsor come una noiosa pratica burocratica e non come un imperativo scientifico, quale dovrebbe essere” afferma Deborah Zarin, al vertice della piattaforma clinicaltrials.gov dal 2005 al 2018. Il sito Clinicaltrials.gov è stato creato nel 1997 per raccogliere informazioni sulle ricerche cliniche in modo ordinato e fornire la possibilità di consultazione a ricercatori e pubblico generico. Questo obiettivo è certamente stato raggiunto, essendo ormai divenuta la principale banca dati mondiale (nel suo ambito) e punto di riferimento per ricercatori e pazienti nella consultazione dei dati ma laddove questi dati sono mancanti tutto questo rimane inutilizzabile.
Le mancanze in realtà sono anche favorite dalla mancanza di azioni sanzionatorie da parte delle istituzioni preposte a farlo. Infatti sia FDA che NIH non hanno finora effettivamente messo in pratica nessuna delle sanzioni previste dalla “Final Rule”. È stato calcolato (Trials Tracker - http://fdaaa.trialstracker.net/) che la sola FDA avrebbe potuto incassare una cifra impressionante, oltre 7 miliardi di dollari, se solo avesse dato seguito alle sanzioni previste per i ritardi. Mentre dalla parte dell’NIH non sono stati interrotti i finanziamenti verso le istituzioni inadempienti.
Da parte loro, i rappresentanti di FDA e NIH difendono il proprio operato e assicurano che tutta la situazione è sotto attento monitoraggio anche se, dati e numeri alla mano, la loro posizione non risulta molto credibile. “Se questa fosse una priorità per NIH, certamente una ricerca da loro finanziata produrrebbe dati di qualità in tempistiche precise” aggiunge la Zarin.
Ma la soluzione più ovvia, in attesa della giusta attenzione delle istituzioni, sarebbe già in mano agli stessi ricercatori, i quali dovrebbero rendersi conto della necessità di modificare, con urgenza, un comportamento che rallenta la diffusione della conoscenza e quindi anche lo sviluppo di nuove terapie.
Qui l'articolo originale su Science