Sperimentazioni cliniche: i tanto attesi decreti sono (quasi) arrivati. Cosa manca per chiudere il cerchio?

Sperimentazioni cliniche: i tanto attesi decreti sono (quasi) arrivati. Cosa manca per chiudere il cerchio?

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Dopo mesi di silenzio, finalmente nuovi pezzi si aggiungono al complesso puzzle che in Italia porterà all’adeguamento completo al Regolamento 536/2014.

Il 16 gennaio la Conferenza Stato Regioni, dopo mesi di rimpallo e modifiche alle varie bozze circolate, ha approvato la versione definitiva dei decreti Riordino Comitati e Armonizzazione. Dopo la pubblicazione del decreto in gazzetta ufficiale (attesa entro fine settimana) le regioni avranno 120 giorni per costituire i 40 comitati etici territoriali, a cui spetterà il compito di valutare le richieste di parere per studi interventistici con farmaco, indagini con dispositivo medico e studi osservazionali farmacologici. Avranno, inoltre, facoltà di affidare la valutazione delle restanti tipologie di studio (es interventistici non con farmaco o dispositivo, osservazionali non farmacologici, richieste di farmaco ad uso compassionevole) ai comitati territoriali o, in alternativa, di mantenere dei comitati etici “accessori” (definiti locali).

Tali comitati andranno ad aggiungersi a quelli nazionali, già istituiti con decreto ministeriale del primo febbraio 2022 e tutti pienamente operativi da qualche settimana.

Comitati Etici e membri

I due decreti in via di pubblicazione chiudono per lo meno il quadro “operativo” rispetto alle richieste del Regolamento 536/2014: ogni sperimentazione sottomessa attraverso CTIS verrà valutata da un unico comitato etico, il cui parere avrà valenza nazionale, territoriale o nazionale a seconda degli ambiti di competenza e scelto sempre in modo da garantire l’indipendenza rispetto ai centri clinici coinvolti.

Modificati di poco, rispetto al passato, i requisiti per poter diventare componente di un comitato. Nonostante le numerose pressioni per coinvolgere delle professionalità esperte in ambito di sperimentazione clinica ma non comprese nei “paletti” del 2013 (si pensi a project manager o coordinatori di ricerca clinica con esperienza ventennale), anche il nuovo decreto resta legato a delle categorie professionali sanitarie che sicuramente non sono al passo con l’evoluzione della ricerca. 

Tariffe e transizione

Ufficializzata anche la firma, da parte del Ministero della Salute, di altri due decreti a lungo attesi: il decreto tariffa unica e il decreto transizione.

Sicuramente un grosso risparmio per i promotori aziendali, che si liberano dal vincolo di pagare fee multipli ad AIFA e a molteplici comitati etici; la tariffa da versare sarà unica, a coprire le valutazioni di AIFA comitato etico e laddove applicabile l'Istituto Superiore di Sanità (ISS) e calcolata con una variabilità dipendente da tipologia di richiesta (primo parere o emendamento), tipologia di studio e numero di centri coinvolti (cut-off 15 centri). Previsti anche un fee per la valutazione  egli Annual Safety reports e  una maggiorazione laddove l’Italia venga scelta come stato membro relatore.

Resta da sciogliere il nodo sostenibilità dei neonati comitati etici, visto che l’introito economico rispetto al passato sarà certamente minore e stante il gettone di presenza pari a 300 euro/seduta, previsto dallo stesso decreto, per ciascun componente dei comitati. Senza contare la sostenibilità di eventuali comitati locali, che esprimeranno valutazioni prevalentemente in ambito no profit, quindi senza fee di valutazione.

Puzzle completo? Non ancora.

Restiamo sicuramente ancora in attesa delle linee guida AIFA sugli studi osservazionali, la cui pubblicazione era prevista per inizio aprile 2022. Si spera inoltre che prima o poi qualcuno prenda in carico la gestione (anche e soprattutto regolatoria) della ricerca osservazionale non su farmaco, che ad oggi continua ad essere terra di nessuna e rischia pertanto di non poter beneficiare delle stesse facilitazioni (prima tra tutte il parere unico a livello nazionale) garantite agli osservazionali farmacologici. Meritevole di chiarimenti ufficiali anche la questione studi retrospettivi, di fatto esclusi dalla possibilità di parere unico nazionale (anche se farmacologici) e soprattutto ancora ad oggi ostaggio di una normativa nazionale sulla privacy che non fa bene alla ricerca, oltre a non essere in linea con i dettami del GDPR.

Annunciati e mai pubblicati, inoltre, i requisiti dei centri sperimentali che avrebbero dovuto vedere la luce a fine giugno 2022. Ad oggi di fatto resta ancora vigente un decreto del 1998, eccezion fatta per gli studi di fase I, regolamentati da una determina AIFA meritevole ormai di revisione ed aggiornamento.

E ancora due questioni, di importanza strategica per rilanciare la ricerca in Italia, completamente dimenticate nonostante fossero previste dalla legge 3/2018.

La revisione dei programmi formativi universitari, per iniziare. Ad oggi nessuna delle facoltà scientifiche sanitarie prevede dei corsi specifici in ambito di ricerca clinica e non esistono classi di concorso per ottenere una abilitazione scientifica nazionale in tale contesto. Eppure secondo la legge il MIUR avrebbe dovuto provvedere in tal senso.

E da ultimo, non certo per importanza, la questione stabilizzazione delle infrastrutture della ricerca. Figure professionali “nuove” (che operano almeno da 25 anni), imposte tanto da una determina AIFA (quella sugli studi di Fase I) quanto da una legge (la 3/2018) ma che ad oggi continuano, immeritatamente e in maniera preoccupante, ad essere completamente ignorate durante le contrattazioni della sanità, che pur sono andate avanti per garantire delle migliorie (si spera) ad un Sistema Sanitario Nazionale sempre più in ginocchio.

Sono passati quasi 9 anni da quando il “nuovo” Regolamento Europeo è entrato in vigore e ancora fatichiamo a vedere la fine di una storia che avevamo correttamente iniziato a scrivere a gennaio del 2018.


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