Presentati allo scorso Congresso ASCO i risultati dello studio Destiny-Breast04, destinato a rappresentare una svolta nella lotta a questo tumore
Nel corso della vita, una donna su otto rischia di ammalarsi di tumore alla mammella. Secondo le statistiche AIRTUM, questa neoplasia in Italia occupa il primo posto nella classifica dei tumori più diffusi in tutte le fasce d’età, a conferma di quanto rappresenti un’urgenza sanitaria a cui è necessario rispondere sia con diagnosi celeri - e in questo giocano un ruolo centrale i grandi programmi di screening oncologico - sia con nuove efficaci soluzioni terapeutiche. Nel secondo caso a suscitare entusiasmo nella comunità degli oncologi sono stati i risultati di uno studio clinico presentati all’ultimo al Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) e pubblicati sull’autorevole rivista The New England Journal of Medicine.
Perno della pubblicazione si è rivelato trastuzumab deruxtecan, un anticorpo monoclonale IgG1 umanizzato anti-HER2 coniugato con un farmaco con attività anti-neoplastica. Nato da una collaborazione tra Daiichi Sankyo e AstraZeneca, questo anticorpo farmaco-coniugato ha già ricevuto il via libera dalla Food and Drug Administration (FDA) per il trattamento delle donne adulte con carcinoma mammario HER2-positivo non asportabile chirurgicamente o metastatico, già trattate con un regime di farmaci anti-HER2 e che abbiano sviluppato una recidiva nell’arco di sei mesi dal completamento della terapia; i risultati dello studio clinico di Fase III Destiny-Breast03 si sono rivelati fondamentali per questa decisione e i dati diffusi all’ASCO ne supportano l’efficacia anche nelle pazienti con tumore mammario non resecabile e/o metastatico HER2Low. Ma cosa significa la dicitura HER2Low?
Il SIGNIFICATO DI HER2Low
Gli anticorpi monoclonali hanno radicalmente cambiato l’approccio terapeutico al tumore alla mammella dal momento che consentono di colpire in maniera fortemente specifica certe proteine espresse sulla superficie delle cellule tumorali: nel caso del tumore mammario una di queste proteine è HER2, che contribuisce alla crescita del tumore. L’arrivo sul mercato di trastuzumab ha significato moltissimo per le pazienti affette da un tumore esprimente HER2 dato che risulta in grado di legarsi a questa proteina e inibire così la moltiplicazione delle cellule tumorali.
Purtroppo, solo un tumore alla mammella su quattro esprime HER2 mentre la gran parte di quelli in fase metastatica risulta HER2-negativo (HER2-): di questi circa il 60% esprime bassi livelli di HER2 - da qui la dicitura HER2Low. Come si può leggere in un articolo pubblicato sulla rivista Journal of Clinical Oncology, la definizione di cancro alla mammella HER2Low comprende un ampio ed eterogeneo insieme di tumori e dipende dalla tecnica usata per determinare l’espressione di HER2: esiste un test di immunoistochimica (IHC) per la misurazione della quantità di HER2 sulla superficie delle cellule tumorali, e un test di ibridazione in situ (ISH) per il conteggio delle copie del gene HER2 all’interno delle cellule tumorali. Purtroppo, le opzioni terapeutiche per le pazienti con un tumore alla mammella metastatico HER2Low erano piuttosto limitate. Almeno sino alla pubblicazione dei risultati su trastuzumab deruxtecan.
LO STUDIO DESTINY-Breast04
Infatti, lo studio di fase III DESTINY-Breast04 si configura come un trial multicentrico, randomizzato, condotto in aperto su 557 pazienti affette da tumore alla mammella HER2Low (IHC 1+ o 2+ / ISH-) precedentemente trattate con chemioterapia in un contesto di metastasi. L’obiettivo primario dello studio è stato valutare la sopravvivenza libera da progressione (PFS, Progression-Free Survival) nel gruppo di pazienti positive per i recettori ormonali (HR+, Hormone Receptor positive).
Gli endpoint secondari dello studio consistevano nella valutazione della PFS e della sopravvivenza globale (OS, Overall Survival) nella popolazione HR+ e in tutta la popolazione oggetto di studio. Altri elementi di valutazione sono stati la risposta oggettiva, la durata della risposta e, naturalmente, i potenziali eventi avversi legati alla terapia.
Alle pazienti candidate ad entrare nello studio (che già avevano ricevuto una mediana di tre trattamenti chemioterapici) trastuzumab deruxtecan è stato somministrato per via endovenosa alla dose di 5,4 mg per Kg di peso corporeo una volta ogni tre settimane. Il follow-up complessivo dello studio è stato di 18,4 mesi. Nel gruppo di pazienti HR+ la PFS è risultata di 10,1 mesi per le donne trattate con trastuzumab deruxtecan rispetto a quella di 5,4 mesi del gruppo trattato con la chemioterapia. Nel complesso la PFS era di 9,9 mesi nel totale delle pazienti trattate con trastuzumab deruxtecan rispetto a quella di 5,1 mesi di quelle trattate con chemioterapia.
La sopravvivenza globale nel gruppo di pazienti HR+ è stata di 23,9 mesi per le donne trattate con trastuzumab deruxtecan, mentre in quelle trattate con chemioterapia si è assestata a 17,5 mesi. Un risultato simile è stato osservato nell’analisi complessiva dei dati su tutta la popolazione (OS di 23,4 mesi nel gruppo trattato con trastuzumab deruxtecan vs. 16,8 mesi in quello con chemioterapia). Il 52,3% delle pazienti che ha ricevuto trastuzumab deruxtecan ha prodotto una risposta significativa rispetto al 16,3% del gruppi di controllo.
Infine, la somministrazione di trastuzumab deruxtecan non ha prodotto eventi avversi particolarmente significativi: tra le pazienti sono state segnalate soprattutto nausea, stanchezza e perdita di capelli mentre gli eventi avversi di grado 3 comprendevano un calo dei globuli bianchi e rossi e stanchezza. Nel complesso, dunque, il profilo di sicurezza del farmaco è apparso più che solido e in linea con i dati già noti.
LE PROSPETTIVE FUTURE
Se si considera che in un anno in Italia sono circa 55 mila le donne a ricevere una diagnosi di tumore alla mammella ci si rende immediatamente conto di quanto sia importante disporre di solidi percorsi terapeutici. Fino a questo momento la positività o meno a HER2 è stata un criterio sostanziale per decidere il tipo di trattamento e anche per definire la prognosi del tumore. L’avvento degli anticorpi monoclonali ha migliorato sensibilmente la situazione di molte donne e ora questo nuovo passo avanti concesso dagli anticorpi-farmaco coniugati si sta rivelando una pietra miliare per l’oncologia della mammella;
Il rischio di progressione della malattia si riduce quasi della metà e quello di morte si abbassa di oltre un terzo grazie al trattamento con trastuzumab deruxtecan indipendentemente dalla positività ai recettori ormonali.
Già questo è sufficiente a fare di questo farmaco un nuovo protagonista dell’inarrestabile battaglia al cancro alla mammella.