• Un gruppo di ricerca italiano coordinato da Riccardo Pofi, medico specialista in endocrinologia e ricercatore presso il Dipartimento di Medicina sperimentale dell’Università Sapienza di Roma, ha recentemente pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine i risultati dello studio clinico RECOGITO volto a valutare gli effetti del farmaco tadalafil sulla cinetica cardiaca dei pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2.

    L’innovatività di questo studio consiste nel fatto che è stato disegnato con lo specifico intento di studiare la differenza sesso-specifica nella risposta al farmaco.

    I pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2 frequentemente vanno incontro a complicanze, in particolar modo quelle cardiovascolari come la cardiomiopatia diabetica e la nefropatia diabetica. Con cardiomiopatia diabetica ci si riferisce a una serie di cambiamenti strutturali e funzionali che si verificano nel cuore diabetico che possono portare a sviluppare ipertensione, patologie delle valvole cardiache ed eventi coronarici come l’infarto del miocardio. La nefropatia diabetica è dovuta invece a un progressivo deterioramento della funzione renale che accompagna il paziente soprattutto nelle fasi finali di malattia.

    Per rallentare la progressione dei danni cardiovascolari causati dal diabete mellito di tipo 2 possono essere somministrati farmaci come gli inibitori di PDE5 (PDE5i), dei quali fa parte il tadalafil, che agiscono inibendo la proteina fosfodiesterasi 5 comportando il rilassamento della muscolatura liscia dei vasi sanguigni.

    Nonostante sia nota una differenza di genere nello sviluppo delle complicanze cardiovascolari legate al diabete diversi studi condotti in materia hanno ignorato le differenze di genere. Le donne diabetiche hanno un rischio maggiore, rispetto agli uomini diabetici, di andare incontro a scompenso cardiaco. Inoltre, uno studio sperimentale condotto sui topi ha dimostrato che i farmaci inibitori di PDE5 donano un grado di cardioprotezione diverso in maschi e femmine. Basandosi su queste evidenze, il gruppo di ricerca romano ha voluto investigare la differenza di efficacia di tadalafil nel proteggere il sistema vascolare di donne e uomini diabetici attraverso lo studio clinico RECOGITO (Gender Response to PDE5i InhibiTOrs).

    Il disegno dello studio e la ricerca clinica con approccio di genere

    Negli ultimi anni si sta assistendo a un aumento degli studi clinici che utilizzano un approccio di genere. Tenere in considerazione il genere significa non solo includere pazienti di generi diversi ma soprattutto fornire e analizzare i dati disaggregati di efficacia dei farmaci che possano portare non solo a una medicina sempre più cucita sul paziente ma anche a una conoscenza approfondita dei meccanismi di sviluppo delle malattie e di risposta alla terapia nei due sessi.

    RECOGITO ha visto il coinvolgimento di 122 pazienti diabetici (57 donne e 65 uomini) per 20 settimane. Lo studio era randomizzato, in doppio cieco con gruppo di controllo. Significa che il totale dei pazienti è stato suddiviso in due gruppi in modo casuale: a un gruppo è stato somministrato il tadalafil mentre all’altro il placebo senza che medici e pazienti conoscessero il gruppo di appartenenza.

    Alla fine dello studio sono stati raccolti i dati sul danno cardiovascolare e renale valutando in particolar modo i parametri della cinetica di cardiaca, della torsione e della contrattilità miocardica, l’emodinamica e la filtrazione renale, gli indici di infiammazione, i biomarker di rimodellamento cardiaco.

    I dati raccolti sono stati disaggregati per genere in modo tale da confrontare agevolmente la differenza di efficacia del farmaco nei due sessi.

    I risultati dello studio

    È emerso che la somministrazione continua di farmaci inibitori di PDE5 ha effetti positivi sulla cardiomiopatia diabetica e sulla malattia microvascolare (albuminuria, disfunzione erettile, rimodellamento cardiaco) solamente sugli uomini. La progressione della nefropatia diabetica è invece rallentata anche nelle donne.

    Questi risultati, seppur limitati nel numero di pazienti e nel tempo, suggeriscono che i farmaci PDE5i, avendo effetti sesso-specifici su diversi tessuti, abbiano un meccanismo d’azione più complesso di quanto si pensasse che dovrà essere investigato ulteriormente.

    Dal punto di vista clinico, invece, conoscere la differenza di genere nella risposta alla terapia permette di modularla per costruire strategie di prevenzione del danno più efficaci in entrambi i sessi.

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