• Oligonucleotidi antisenso (ASO) ma anche terapia genica e altre molecole attualmente in fase di studio, alcune delle quali per somministrazione orale. Ne parla la dott.ssa Caterina Mariotti (Milano).

  • L’interruzione dello studio di Fase III Generation HD1 ha provocato uno scombussolamento nella Comunità Huntington ma da un fallimento possono giungere conoscenze importanti per ottenere nuovi futuri successi. Lo spiega Marco Pacifici (Roche).

  • PTC Therapeutics ha avviato la sperimentazione su una molecola che agisce sull’espressione dell’huntingtina. I risultati delle prima fase sono attesi per l’anno in corso. Ne parla Alessandra Baroni (PTC Therapeutics).

  • Un viaggio di più di mezzo secolo, partito dalle “semplici” scoperte relative al funzionamento dei diversi meccanismi che regolano l’RNA, fino ai vaccini a mRNA contro SARS-CoV-2

    Negli ultimi due anni l’RNA ha avuto finalmente il suo momento di gloria: considerato il “fratellastro” del DNA, da sempre più al centro dell’attenzione, si sta ritagliando uno spazio sempre maggiore nella ricerca e nella comunicazione pubblica. Grazie ai vaccini prodotti per contrastare la pandemia di COVID-19, e all’enorme investimento pubblico e privato nel settore, sono stati fatti notevoli passi avanti. Ma la storia delle terapie a RNA non è iniziata con il SARS-CoV-2: una recente review, pubblicata su Experimental & Molecular Medicine, ha ripercorso la storia e le applicazioni di queste terapie, con uno sguardo al futuro.

    I farmaci a base di RNA potrebbero essere una soluzione al trattamento di varie malattie, soprattutto quelle non trattabili con altre terapie note, e amplierebbe le possibilità nel campo della medicina personalizzata, utilissima ad esempio nel caso delle malattie ultra-rare.

    RNA HistoryUsare molecole a base di RNA per la modulazione di vie biologiche al fine di trattare una specifica condizione è il concetto alla base di questa tecnologia. Nel caso delle terapie a base di RNA messaggero (mRNA), un sottogruppo delle terapie a base di RNA in cui rientrano anche i vaccini contro il COVID-19, si tratta di produrre mRNA sintetico e iniettarlo nell’organismo con lo scopo di trasformare le cellule in piccole fabbriche di farmaci. Un’idea incredibilmente semplice, ma rivoluzionaria. I successi che sono stati raggiunti oggi sono il frutto di decenni di ricerca e sviluppo in questo campo: le scoperte chiave sono state diverse e ad oggi le terapie a RNA sono considerate una tecnologia indispensabile per la medicina del futuro.

    Le origine delle ricerche

    Prima che l’RNA messaggero diventasse un’idea multimiliardaria, era un’area di ricerca isolata e un percorso ad ostacoli per chi – come la scienziata ungherese Katalin Karikò – aveva deciso di concentrare la sua carriera nel settore. L'RNA è stato descritto per la prima volta come un protagonista chiave nel flusso di informazioni genetiche da Francis Crick (Nobel per la medicina nel 1962, condiviso con James Watson e Maurice Wilkins, per la descrizione della struttura del DNA) e fu poi confermato dalla scoperta dell'mRNA, che ha messo in evidenza l'importanza di queste molecole come messaggeri nella traduzione dell'informazione genetica. Il passo successivo fu quello di scoprire che due filamenti di RNA erano in grado di appaiarsi. Questa scoperta è stata fondamentale per la successiva identificazione dei microRNA (miRNA), piccole molecole di RNA che regolano l’espressione genica, e dell’RNA interference (RNAi), meccanismo in cui piccoli frammenti di RNA silenziano l’espressione dei geni.

    I primi approcci terapeutici

    Nel 1977 fu descritto lo splicing, quel meccanismo di maturazione della molecola di mRNA tramite il quale gli esoni, cioè i segmenti codificanti del DNA, vengono uniti uno con l’altro e gli introni, le parti non codificanti, eliminati. Attualmente è noto che diverse malattie sono collegate a un malfunzionamento di questo processo e la sua modulazione può essere ottenuta con farmaci a base di RNA. A questo si aggiunge la scoperta dei piccoli RNA interferenti (siRNA), che in poco tempo hanno conquistato la ricerca di molecole a scopo terapeutico e che pochi anni fa ha portato all’approvazione del primo farmaco a base di siRNA. La prima applicazione a scopo terapeutico degli oligonucleotidi antisenso (ASO) risale al 1978: una breve sequenza nucleotidica si lega all’mRNA e ne blocca la traduzione in proteina, in questa primo utilizzo per inibire la replicazione del virus del sarcoma di Rous. Furono necessari altri 20 anni per arrivare all’approvazione da parte della Food and Drug Administration del primo farmaco basato su un ASO.

    Bisognerà aspettare gli anni ’90 per i tentativi di produzione di proteine specifiche attraverso l’introduzione di mRNA esogeno nelle cellule, ricerche che hanno poi portato alla valutazione di questo procedimento per la produzione di vaccini. Le prime ricerche vennero fatte in campo oncologico e poi arrivarono quelle per le malattie infettive, fino ad arrivare ai giorni nostri e ai vaccini contro il SARS-CoV-2.

    Al di là degli aneddoti storici, è ormai risaputo che i farmaci a base di RNA presentano alcune caratteristiche vantaggiose, che li rendono candidati ideali per lo sviluppo di strategie terapeutiche innovative. Tra questi, le più importanti sono la capacità di colpire quasi tutti i componenti genetici della cellula; la produzione rapida rispetto ad altri farmaci; la longevità della molecola se modificata opportunamente; le possibili applicazioni nel campo delle malattie rare; e l’assenza di effetti genotossici significativi se paragonato alle terapie basate sul DNA.

    Le terapie già approvate

    In base alla struttura e alle modalità di azione di queste terapie è possibile classificare i farmaci a base di RNA in quattro categorie principali.

    • La prima è proprio quella degli oligonucleotidi antisenso, che modulano l’espressione degli RNA bersaglio attraverso un legame specifico alla sequenza obiettivo tramite diversi meccanismi d’azione. Diversi farmaci di questo tipo sono già stati approvati dalle agenzie regolatorie di diversi Paesi del mondo. Esempi sono mipomersen, per il trattamento dell’ipercolesterolemia familiare (approvato solo negli USA);  e inotersen, per l’amiloidosi ereditaria da transtiretina (hATTR). Inoltre, diverse sono anche le approvazioni degli ASO che agiscono sul meccanismo di splicing, come nusinersen per l’atrofia muscolare spinale, eteplirsen e golodirsen per la distrofia muscolare di Duchenne.
    • I siRNA sono un’altra tipologia e utilizzano la via endogena per modulare l’espressione dei loro RNA bersaglio. Ad oggi sono 3 le approvazioni concesse per i farmaci di questa categoria: patisiran per l’amiloidosi ereditaria da transtiretina (hATTR), givosiran per la porfiria epatica acuta, lumasiran per l’iperossaluria primaria di tipo 1 e inclisiran per l’ipercolesterolemia.
    • La terza categoria è riservata agli aptameri, particolari costrutti progettati per legare proteine specifiche e modulare la loro funzione. Ad oggi un solo farmaco di questo tipo è stato approvato dalla Food and Drug Administration: pegaptanib, sviluppato per la degenerazione maculare neovascolare correlata all’età.
    • Ultima classe è quella degli RNA messaggeri, che per il loro effetto terapeutico sfruttano il fatto che gli mRNA sintetizzati in vitro possono essere tradotti in proteine funzionali dalle cellule. Le modalità di azione sono due, dato che oltre alla classica integrazione di proteine mancanti o assenti, c’è anche l’opportunità di produrre vaccini contro malattie infettive o antigeni tumorali. Tra le approvazioni è impossibile non citare i due vaccini a mRNA contro COVID-19. Considerato il probabile aumento della circolazione di nuove malattie infettive in futuro e l'ovvia necessità di soluzioni a rapido sviluppo ed economiche per prevenirne la diffusione, c'è un forte argomento a favore del fatto che i vaccini a mRNA diventeranno un'arma fondamentale per queste epidemie. Per questo motivo, ma non solo, è probabile che continueremo ad assistere a un gran fermento nella ricerca e a un aumento degli studi clinici per valutare efficacia e sicurezza di queste terapie.

    I vantaggi dei farmaci a RNA sono notevoli e potrebbero essere una strategia terapeutica utile per le malattie rare, in cui personalizzazione e costi inferiori possono fare la differenza.

    Le prospettive sono buone ma ci sono ancora degli ostacoli da superare per ampliare l’utilizzo di questa tecnica. Una delle maggiori sfide per queste terapie è la somministrazione, che va dai meccanismi di targeting alla somministrazione diretta nell’organo bersaglio, passando per l’incapsulamento in nanoparticelle lipidiche. Obiettivo per il futuro è quindi quello di trovare metodi di somministrazione efficaci e in grado di raggiungere organi e cellule che attualmente restano fuori portata.

  • Dopo l’interruzione dello studio di Fase III GENERATION HD, la casa farmaceutica svizzera ha rivisto l’intero pacchetto di dati raccolti e riformulato un nuovo trial clinico di Fase II su una più definita popolazione di pazienti. 

    Un saggio e premuroso Thomas Wayne invitava lo sconfortato e intimorito figlio, Bruce, a considerare che le “cadute servono a far capire come rimetterci in piedi”: questa scena, tratta dal film Batman Begins, è divenuta celebre perché riprende un aforisma più volte citato e che ben si adatta al mondo della ricerca scientifica, dove il rischio di sbagliare direzione è alto ma la volontà di trovare nuove soluzioni per giungere alla meta deve essere ancora più forte. L’ultimo esempio in ordine di tempo di questa pervicace mentalità proviene dalla casa farmaceutica Roche che, dopo quasi un anno di silenzioso approfondimento, ha riavviato il cammino di tominersen, loligonucleotide antisenso (ASO) in sviluppo per il trattamento della malattia di Huntington

    A marzo del 2021 i vertici della multinazionale svizzera del farmaco avevano annunciato l’interruzione della sperimentazione clinica di Fase III vertente su questa molecola pensata per ridurre i livelli della proteina huntingtina (HTT), che nei malati è prodotta in quantità tossica per l’organismo. 

    GENERATION HD1 - questo il nome del trial sospeso - era stato bloccato in seguito alla decisione di un Comitato Indipendente di Monitoraggio dei Dati (iDMC) che, dopo aver effettuato una valutazione di rischio-beneficio, aveva consigliato di sospendere il trattamento. La notizia choc aveva scosso profondamente la Comunità dei malati e delle loro famiglie ma il team di ricerca di Roche non ha abbandonato lo sviluppo del farmaco, dedicandosi a un’attenta revisione dei dati disponibili. 

    Così, all’inizio del 2022 era filtrata la notizia dell’avvio di un nuovo studio clinico con l’obiettivo di esplorare la sicurezza e lefficacia di due diverse dosi di tominersen in una ristretta popolazione di pazienti; durante i lavori della scorsa Riunione Plenaria dell’EHDN (European Huntington’s Disease Network), tenutasi a Bologna, sono stati forniti ulteriori dettagli riguardo al nuovo trial, che prenderà il nome di GENERATION HD2.

    “Nonostante la recente battuta d’arresto con GENERATION HD1, riteniamo che differenti strategie di ricerca clinica mirate alla riduzione dell’HTT abbiano un ruolo chiave nello sviluppo di nuove soluzioni terapeutiche per la malattia di Huntington, poiché hanno come target la causa genetica della malattia”, spiega il dott. Marco Pacifici, Rare Conditions Partner di Roche Italia. “

    Il nostro obiettivo rimane immutato e continua ad essere focalizzato su differenti approcci di riduzione dell’HTT, con tominersen che è la nostra molecola più avanzata.

    La revisione di tutti i dati raccolti nel corso di GENERATION HD1 ci ha portato a individuare un razionale da cui riprendere il percorso di indagine sulla nostra molecola. Abbiamo notato che una sottopopolazione di pazienti adulti, più giovani e con un carico di malattia più basso, presentava un trend di miglioramento legato a tominersen rispetto a tutti gli altri. Questo ci ha fatto riflettere e ci ha condotto a progettare un nuovo studio clinico, di Fase II, con l’obiettivo di valutare la sicurezza e l’efficacia di due dosi diverse di tominersen”. 

    Infatti, lo studio GENERATION HD1era composto da due bracci di analisi, uno che prevedeva la somministrazione di 120 mg di tominersen ogni 8 e l’altro ogni 16 settimane. “In GENERATION HD2, invece, è stato deciso di valutare due dosi più basse, rispettivamente di 100 mg e 60 mg, che saranno somministrate ogni 16 settimane ai pazienti arruolati”, precisa Pacifici. “Lo scopo principale di GENERATION HD2 è selezionare una dose (100 mg o 60 mg, n.d.r.) che abbia un adeguato profilo di sicurezza, riduca significativamente l’mRNA che codifica per l’HTT nel liquido cerebrospinale (CSF) rispetto al placebo e dimostri un trend di efficacia clinica valutato secondo le scale funzionali cUHDRS e TFC”.

    GENERATION HD2, attualmente in fase preparatoria, sarà uno studio clinico di Fase II randomizzato, controllato con placebo, condotto in doppio cieco per dare modo ai ricercatori di realizzare un’analisi anche dell’efficacia del farmaco sulla popolazione analizzata. “Saranno inclusi individui adulti, di età compresa tra i 25 e i 50 anni, con CAP score (un indice usato per valutare la severità della malattia, ottenuto dalla combinazione di diversi parametri, fra cui l’età e la lunghezza della tripletta CAG che nella Huntington risulta esageratamente ripetuta, n.d.r.) compreso tra 400 e 500 e con un TMS (Total Motor Score) superiore a 6”, specifica ancora Pacifici. “Questo indica una popolazione di pazienti prodromici o early-manifest”. 

    “Ad essere esclusi dallo studio saranno, invece, quanti abbiano ricevuto altre terapie che riducono la huntingtina (ASO o siRNA)”, prosegue. “Chi sia rientrato nel braccio di trattamento dello studio GENERATION HD1 (al contrario, coloro che sono stati inclusi nel braccio di trattamento con placebo possono partecipare a GENERATION HD2, n.d.r.), quanti siano in terapia con anticoagulanti o chi sia già rientrato in sperimentazioni cliniche con terapia genica, cellulare o si sia sottoposto ad interventi di neurochirurgia”. 

    In quali Paesi sarà condotto il nuovo trial clinico? Ad oggi si sa che GENERATION HD2 prevede il reclutamento di circa 360 partecipanti (120 per ognuno dei 3 bracci di studio) in 15 diversi Paesi, Canada, USA, Argentina, Regno Unito, Francia, Spagna, Portogallo, Danimarca, Polonia, Germania, Austria, Svizzera, Australia, Nuova Zelanda e, ovviamente, anche l’Italia.

    “Non è stata ancora presa una decisione finale sui centri da selezionare ma nel nostro Paese si pensa che potrebbero essere diversi, a conferma del grande ruolo svolto dall’Italia nella ricerca contro la malattia di Huntington”, conclude Pacifici. “L’arruolamento del primo paziente di GENERATION HD2 è previsto con l’inizio del 2023 e la durata dello studio sarà di 16 mesi. Ovviamente, anche in questo caso è previsto un Comitato Indipendente di Monitoraggio dei Dati che farà una valutazione del profilo rischio-beneficio ogni 4 mesi”. 

    Da un (apparente) fallimento ci si augura possa provenire un nuovo incredibile successo: è lo spirito con cui medici e pazienti stanno affrontando questa seconda fase della ricerca sulla malattia di Huntington https://sperimentazionicliniche.it/focus-ok/malattia-di-huntington che, come ben ricordato nel corso del congresso dell’EHDN http://eurohuntington.org/updates-on-clinical-trials-during-ehdn-2022-conference-in-bologna/?fbclid=IwAR3FEe8pfnxuA6b4xeTSeJcwn_b-txpaG0DFPEWps5urODLmyryXxU8M_ys , ferve di interessanti opportunità. 

    Oltre a Roche, infatti, anche BrainVectis, una biotech di ricerca sussidiaria di AskBio, sta valutando un candidato sperimentale, BV-101, che nei modelli pre-clinici ha mostrato di fornire neuroprotezione, ripristinando la funzione neuronale nelle persone con malattia di Huntington. Tra le altre aziende farmaceutiche impegnate nella ricerca contro la Huntington ci sono anche SOM Biotech, Sage Therapeutics e Annexon, la quale ha appena concluso uno studio di Fase IIa su un anticorpo monoclonale (ANX005) progettato per arrestare il processo neurodegenerativo legato alla malattia.

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