Sono positivi i risultati di dapagliflozin sugli outcome cardiovascolari ottenuti dallo studio di fase III DECLARE (Dapagliflozin Effect on Cardiovascular Events) - TIMI 58, il più ampio mai condotto sugli outcome cardiovascolari (CVOT) per un inibitore di SGLT2. I risultati sono stati presentati da AstraZeneca all’American Heart Association (AHA) a Chicago e sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine.
Lo studio ha confrontato i risultati di dapagliflozin sugli eventi cardiovascolari rispetto al placebo ed è stato condotto per un periodo di circa 5 anni in 33 paesi, coinvolgendo più di 17.000 adulti affetti da diabete di tipo 2 (T2D).
Circa il 60% dei pazienti arruolati non presentavano patologia cardiovascolare ed è stato dimostrato che dapagliflozin riduce significativamente il rischio di ospedalizzazione dovuta a scompenso cardiaco o morte cardiovascolare rispetto a placebo (17% di riduzione del rischio).
Con l’uso di dapagliflozin si è osservata una minore incidenza di eventi MACE (Major Adverse Cardiovascular Events, ovvero gli eventi cardiaci avversi maggiori), il secondo dei due endpoint primari di efficacia dello studio. Questo outcome non ha tuttavia raggiunto la significatività statistica (HR:0,93 - 95% CI, 0,84-1,03) (p=0,17 x superiorità)
Il Prof. Stefano Del Prato, Direttore dell’Unità Operativa di Malattie del Metabolismo e Diabetologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa ha commentato: “Questi risultati sono clinicamente rilevanti per i 3 milioni di pazienti che in Italia sono affetti da diabete di tipo 2 e che hanno un rischio da 2 a 5 volte più grande di scompenso cardiaco e malattia cardiovascolare rispetto ai soggetti non diabetici. Lo scompenso cardiaco è la prima causa di ospedalizzazione in Italia e dopo 5 anni dalla diagnosi solo il 50% dei pazienti con scompenso cardiaco sopravvive. Per questo i risultati dello studio DECLARE, ottenuti in una popolazione molto vicina a quella che vediamo normalmente nei nostri ambulatori, rivestono un particolare interesse e sottolineano la necessità di andare oltre l’obiettivo del controllo glicemico per un approccio più integrato del diabete e delle sue complicanze cardiache e renali”.
Lo studio DECLARE-TIMI 58 ha inoltre confermato il buon profilo di sicurezza di dapagliflozin, raggiungendo l’endpoint primario di non inferiorità rispetto a placebo e dimostrando di non aumentare gli eventi MACE.
L’endpoint composito renale secondario ha dimostrato un effetto positivo di dapagliflozin rispetto a placebo nell’ intera e vasta popolazione studiata, riducendo del 14% il rischio relativo (HR: 0,76 – 95% C,0,67-0,87) nonostante gli endpoint secondari avessero una significatività esclusivamente nominale.
Il Prof. Andrea Giaccari, Professore Associato di Endocrinologia e dirigente responsabile Centro per le malattie endocrine e metaboliche della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS e Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma ha commentato: “Lo studio DECLARE, oltre alla sicurezza cardiovascolare, ha dimostrato la significativa riduzione del rischio per scompenso cardiaco o morte cardiovascolare e un effetto nefro-protettivo in tutta la popolazione arruolata, anche nei pazienti in prevenzione primaria e con la stessa efficacia. Questi dati, uniti al buon profilo di sicurezza, raccomandano ulteriormente l’utilizzo in fase precoce di dapagliflozin e ci impongono di riflettere su nuovi modelli di gestione e presa in carico di questi pazienti”.
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